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lunedì 30 giugno 2014

Dal Torino Pride

Da Torino, una delle città più Friendly d'Italia,  una storia positiva di una ragazza transessuale che è riuscita a mantenere il lavoro e che, nonostante si voglia sottoporre all'RCS chiede i documenti subito per tutti, perché l'operazione dev'essere una scelta, non un obbligo.


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Gay pride 2014: la storia della trans Daniela Lourdes Falanga

Il disprezzo del padre. I tentativi della madre di mascolinizzarla. Il pensiero costante della morte. Daniela racconta la sua storia a Lettera43.it. E si appella alla politica: «La legge 164 va cambiata».

«MOLTI SONO OBBLIGATI A STERILIZZARSI». In Italia l'attribuzione del nuovo status sociale e del sesso sono previsti dalla legge 164 del 1982. L'operazione è pagata dalla mutua. Con il tempo però la legge ha dimostrato di non essere, secondo Daniela, al passo con i tempi: «Deve essere reinterpretata perché per avere un documento, per essere conformi alla propria identità, chi decide di non operarsi non può farlo. Molti sono obbligati a sterilizzarsi. E questo deve assolutamente cambiare».
Daniela adesso è serena, sa che molte battaglie per i diritti Lgbt devono essere ancora combattute. Dopo l'operazione s'è messa alle spalle tanti pregiudizi, ma è consapevole che ci vorranno ancora anni prima che le cose possano cambiare del tutto.


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Lavoro, sieropositività e transessualità «Ancora troppi pregiudizi e poche leggi»

La ricerca di un’occupazione è difficile per molti, ma lo è di più se si fa parte di una delle cosiddette categorie di minoranza. Anche all’interno del mondo Lgbt. «Basta alla criminalizzazione del contagio», dice Sandro Mattioli, presidente nazionale di Plus Onlus. «La legge per il cambio di sesso sui documenti va cambiata», aggiunge l’attivista Michela




 Trovare lavoro è un’impresa in alcuni casi, soprattutto in considerazione del periodo di recessione economica come quello che si sta vivendo negli ultimi anni. E trovarlo è ancora più difficile per chi fa parte della comunità Lgbt e, più nello specifico, per chi all’interno di questa comunità si trova in uno status ancora più di nicchia. È il caso dei sieropositivi, sempre più numerosi nel mondo Lgbt, al contrario di quanto invece accade al mondo degli eterosessuali. «Secondo i dati del centro operativo per l’aids del ministero della Sanità – spiega il presidente nazionale di Plus Onlus, rete persone lgbt sieropositive, Sandro Mattioli – negli ultimi due anni le nuove diagnosi dimostrano un aumento del 18 per cento di sieropositivi tra gay, lesbiche e trans, mentre c’è una diminuzione nelle altre categorie».
Il virus è più diffuso tra i gay «per almeno tre motivazioni»,  afferma Mattioli. Una è la vulnerabilità biologica legata alla pratica sessuale anale, «in quanto le mucose di questa zona sono più recettive », spiega. La seconda è di ordine sociale, «è legata alla vastità di relazioni e incontri occasionali, oltre il 50 per cento di quali avviene tramite il web, mentre in terzo luogo bisogna parlare di un problema strutturale», aggiunge Sandro Mattioli.
«Fino a quando ci saranno la  criminalizzazione del contagio e lo stigma della sieropositività, cosa che accade anche all’interno del mondo Lgbt, molti non faranno il test. Troppo spesso si arriva a diagnosi tardive», dice. Ciò che è importante è parlarne e fare comunità, secondo il presidente di Plus onlus che coglie l’occasione della settimana del Pride per presentare l’opuscolo Sesso gay positivo. «Con un linguaggio diretto e popolare facciamo capire che tutto è possibile, che fare sesso con una persona sieropositiva non è qualcosa di cui avere paura», dichiara.
Ma la ricerca del lavoro è un problema anche per altri membri della comunità Lgbt: i transessuali. Diversi sono i pregiudizi che accompaganno la categoria, primo tra tutti quello che identifica il transessuale con la prostituta. «La maggior parte, invece, è gente normale come tutti noi», sostiene Egon, attivista transessuale. Ma non solo. «Qualcuno è semplicemente razzista», afferma Nicole. «Altre volte la colpa è nostra che siamo troppo esibizioniste, marcando gli stereopiti che ci accompagnano», aggiunge Roberta. «Ma in generale non c’è lavoro per nessuno. La mia transessualità non mi ha creato problemi in questo senso», continua Nicole.
Poi c’è il problema della divergenza tra il sesso sul documento e l’aspetto fisico. Ma ciò che davvero manca, secondo l’attivista Michela, «è un impegno da parte dello Stato e delle associazioni che spesso si limitano a tamponare le carenze del sistema sanitario». L’ultima legge di riferimento è del 1982 e «permette di cambiare sesso sul documento previa autorizzazione di un giudice, se è avvenuta una modifica dei caratteri sessuali. -spiega Michela – ma non specifica se si tratta di caratteri primari, ovvero genitali o secondari cioè in riferimento all’aspetto e quindi tutto è nelle mani del giudice».
«Una legge ottenuta dopo tante lotte e dopo la quale mi sono  sposata», ricorda Pina Bonanno, storica transessuale che ha fondato il Mit, movimento italiano transessuali, negli anni ’80. «Ma che va modificata al più presto», continua Michela. «La nuova proposta va verso l’autoderminazione, perché è assurdo che debba essere un giudice e non tu a decidere se puoi mettere il sesso che ti rappresenta sul documento», conclude Egon.

leggi su CtZen

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I documenti sono il nostro vero dramma - La stampa, Torino


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mercoledì 25 giugno 2014

Il Torino Pride apre il corteo con carte d'Identità respinte


Abbiamo scelto di allestire il carro del Coordinamento Torino Pride glbt, quello di apertura corteo,  con delle carte d'identità formato 70*100 apportanti il  marchio "RESPINTO" su nome, cittadinanza e stato civile per rappresentare lo stridente contrasto tra una cittadinanza come la vorremmo e quella che invece riceviamo.
Le persone gay, lesbiche, transessuali, nate o non nate in Italia, hanno spesso un "problema" con la loro carta d'identità: questa non le rappresenta, falsifica il loro reale stato, la loro concreta condizione.
Magari convivono da anni con un compagno o con una compagna dello stesso sesso, eppure figurano come "libere" o "celibi", o "nubili". Evidentemente non c'è spazio per poter dichiarare che queste persone hanno un vincolo affettivo, questo spazio non viene pubblicamente riconosciuto; al massimo è una cosa privata. Le persone transessuali/transgender, inoltre, non hanno spesso nemmeno il piacere, e il diritto, di vedere riconosciuto il loro nome, e il loro genere sulla carta d'identità. Quello che si ritrovano tra le mani è un nome e un genere che è stato loro assegnato al momento della nascita. Le cose sono poi andate diversamente, è la vita! Ma allora perché non ammetterlo, perché non accettarlo, riconoscerlo? Più precisamente vorremmo sottolineare le falle della legge 164/1982 (che regolamenta il cambio di sesso), in specie l'impossibilità delle persone trans a scegliere il nome e il sesso in assenza della riattribuzione chirurgica genitale, ricordando a tal proposito che al Senato si dovrebbe discutere il DDL 405 che proprio ciò dovrebbe regolare e porre inoltre delle limitazioni agli interventi sui genitali di bimbi e bimbe con forme di intersessualità identificabili alla nascita;
E poi, perché non includere nella cittadinanza anche chi è cresciuto/a e magari anche nato/a in Italia, perché non riconoscere nuovi cittadini e cittadine?
Contro la logica di "respingimento" degli affetti, delle identità di genere, delle nuove cittadinanze, noi vi mostriamo le nostre carte d'identità, così come le vorremmo.


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domenica 22 giugno 2014

Obama e i diritti delle persone trans*

Obama è diventato il primo presidente a dire "transgender" in un discorso, per nominare un'incaricata politica e per vietare pregiudizi sui posti di lavoro nei confronti dei lavoratori pubblici transgender. Nel suo primo mandato, ha firmato una legge contro i crimini d'odio che è diventata la prima protezione federale per i diritti delle persone transgender nella storia degli Stati Uniti.

Leggi l'articolo completo: Without Fanfare, Obama Advances Transgender Rights 



"It's easier for voices to be heard once you are 
already in the room, what has changed is who is listening."
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giovedì 19 giugno 2014

Il giudice interpreta, l'imputato paga.

A Torino i giudici si sono pronunciati negativamente riguardo una richiesta di cambio del sesso e del nome anagrafici senza interventi chirurgici in primo grado (e non è l'unica, anche se è l'unica ad essere finita su un giornale), a fronte di 6 sì, quattro a Roma, uno a Rovereto, uno a Siena.
Ovviamente ci sarà un ricorso e i giudici dovranno trovare valide motivazioni per giustificare il perché dovrebbero concedere la rettifica anagrafica solo in cambio di una mutilazione/sterilizzazione genitale (quella che l'articolo chiama "modifica dei caratteri primari"), 
Il giudice interpreta, intanto
l'imputato paga le spese
 e NE paga le spese.


La terra di mezzo è la nostra vita, è la vita o quella frazione di vita in cui lo stato ci denuncia come discriminabili a tutte le persone transfobiche, che sono datori di lavoro, addetti dei pubblici uffici o ai controlli, persone che ci intestano una fattura o a cui dovremmo farla. 


Noi della terra di mezzo vogliamo i documenti corretti quando lo decidiamo noi, senza giudicanti e senza obbligo di sottoporci a trattamenti cisgenderizzanti.

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domenica 15 giugno 2014

#ddl405 Radicali Catania


Gianmarco Ciccarelli, per i Radicali Catania, sostiene la nostra battaglia per una nuova legge a sostegno dei diritti delle persone trans*. Con lui Vittoria Vitale, donna transgender che, nonostante sia ad un passo dalla laurea e anche grazie al supporto dei radicali, si sta battendo perché nell'ateneo catanese sia introdotto il doppio libretto (la possibilità di avere riconosciuto il nome coerente con il proprio aspetto per tutti gli studenti in transizione all'interno dell'università).










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Oltre alla raccolta firme per il ddl405 al banchetto è stato possibile sottoscrivere anche l'appello dell’Associazione Radicale Certi Diritti rivolto al Parlamento affinché risponda all'invito della Corte Costituzionale che con la sentenza n. 138 del 2010 ha riconosciuto la rilevanza costituzionale delle unioni omosessuali e sollecitato il Parlamento a legiferare.

venerdì 13 giugno 2014

Transgender Rights are Human Rights: Incontro a Catania


Sabato 14 giugno dalle 10,30 alle 12,30 si terrà in piazza Stesicoro una mattinata di volantinaggio e raccolta firme per la petizione a favore del ddl 405, proposto del Senatore Sergio Lo Giudice, che divincola la procedura per il cambio anagrafico del nome e del sesso dall’intervento chirurgico. Risoluzione necessaria dato che il periodo di transizione può durare molti anni e che molte persone transgender scelgono di non operarsi affatto.
Secondo il report della Commissione Europea Trans and intersex people. Discrimination on the grounds of sex, gender identity and gender expression la situazione dell’Italia appare desolante collocandosi al livello 2 nella Rainbow Map del 2012, al pari della Lituania e seguito da Georgia, Lettonia, Bielorussia, Russia, Turchia, Armenia, Ucraina.

Al tavolo sarà presente Vittoria, la studentessa che si batte per i diritti delle persone transgender. Prossima alla laurea, Vittoria ha presentato - supportata anche dai Radicali Catania - l’istanza per l’adozione del doppio libretto nell’università di Catania. Radicali Catania auspicano che la coraggiosa studentessa possa proseguire il suo percorso universitario con il nome femminile come è possibile fare in numerosi atenei tra i quali quelli di Torino, Bologna, Napoli, Padova, Pisa, Milano e della vicina Palermo.

Sarà inoltre possibile firmare l’Appello dell’Associazione Radicale Certi Diritti rivolto al Parlamento affinché risponda all’invito della Corte Costituzionale che con la sentenza n. 138 del 2010 ha riconosciuto la rilevanza costituzionale delle unioni omosessuali e sollecitato il Parlamento a legiferare.

qui  l'evento Facebook


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Trans Rights Europe Map 2014


anche quest'anno l'Italia figura tra gli stati europei che obbligano le persone transessuali alla sterilità per poter cambiare genere, con la speranza che sia l'ultimo, scarica la mappa


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Ho firmato perché..

perchè sono una transessuale MTF e sono davvero stanca che mi rinfaccino in ogni situazione di vita...chei miei genitali valgano piu della mia laurea, della mia onestà e della mia ricerca della serenità. Luciano



E' importante per mia figlia che ha iniziato il suo percorso tre anni fa e spesso è in difficoltà per i documenti. Mia figlia si sottoporrà con decisione e gioia all'intervento di adeguamento. Romana



Perché sono contro i provvedimenti che si prendono con persone diverse, non è giusto per niente che qualcuno anche facendo una cosa propria si deve pagare.. non esiste spero che questa petizione arrivi fino in fondo. Savio




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mercoledì 11 giugno 2014

Vietato il divorzio d'ufficio, vietato chiamare l'unione matrimonio

Alessandra e Alessandra non possono essere divorziate d'ufficio ma la loro unione deve essere una cosa uguale al matrimonio che, però, abbia un altro nome: sta al legislatore legiferare in tal senso velocemente perché questa unione alternativa in Italia non esiste. Questo in pratica è quel che dice la sentenza della corte costituzionale sul ricorso di Alessandra, che si è vista annullare il matrimonio d'ufficio in seguito alla rettifica anagrafica del proprio sesso, come stabilito dalla 164/82. La 164/82 è incostituzionale nel punto dove obbliga allo scioglimento del matrimonio, ma a causa dell'interpretazione data all'articolo 29 (dove la società naturale citata nell'articolo è stata intepretata come eterosessuale perché così è secondo il punto di vista storico-religioso) la loro unione dovrebbe avere un'altro nome.

In una nota di Rete Lenford leggiamo:

PRECISAZIONE IMPORTANTISSIMA SULLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Finalmente abbiamo letto le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale e, a prima impressione, non è rivoluzionaria come poteva sembrare dal lancio delle agenzie.
In soldoni i giudici dicono che:
1) è incostituzionale imporre il divorzio a due persone sposate, di cui una abbia rettificato il sesso anagrafico;
2) non è possibile, altresì, stabilire che il matrimonio venga sciolto solo a richiesta delle parti, perché ciò contrasterebbe con la discrezionalità del legislatore di scegliere se aprire il matrimonio o introdurre altro istituto alternativo, avendo l'articolo 29 incorporato la definizione eterosessuale del matrimonio derivante dal codice civile, non ancora modificata;
3) quindi il legislatore deve intervenire "con la massima sollecitudine per superare la rilevata condizione di illegittimità della disciplina in esame per il profilo dell’attuale deficit di tutela dei diritti dei soggetti in essa coinvolti.". In soldoni vuol dire che mentre nella 138 del 2010 aveva invitato il legislatore ad intervenire scegliendo anche quando farlo, ora deve farlo subito perché ci due persone che, a causa dello scioglimento illegittimo del loro matrimonio, sono passati da "uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione di assoluta indeterminatezza";
4) l'intervento del legislatore deve consentire "comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, la cui disciplina rimane demandata alla discrezionalità di scelta del legislatore". Però in questo passaggio dimenticano di ricordare al legislatore che se vuole può aprire anche il matrimonio.
5) il rapporto tra due persone sposate, di cui una delle due abbia ottenuto la rettificazione anagrafica, è assimilabile all'unione tra persone dello stesso sesso tutelata ai sensi dell'art. 2 della costituzione.
Insomma, a caldo, non una sentenza rivoluzionaria, ma che sa di occasione mancata, anche se il risvolto è che il legislatore ha ricevuto il monito ad intervenire subito per introdurre un istituto alternativo al matrimonio, che sarà accessibile da tutte le coppie dello stesso sesso.

(Antonio Rotelli, presidente Avvocatura LGBT Rete Lenford)
 
 
 
 In questa situazione che non possiamo che definire paradossale ci auguriamo che venga superata la forzata interpretazione dell'articolo 29 e che, semplicemente, si apra al matrimonio omosessuale. Alessandra ora si trova in un vuoto di diritti per colpa di qualcuno che ha voluto interpretare una norma con uno sguardo bigotto - religioso. Ormai tutti i paesi europei hanno detto no all'omofobia di stato, noi che aspettiamo?

La società naturale, quella cioè che esiste in natura, cioè nella società attuale è fatta di eterosessuali, omosessuali, transessuali, poliamore, asessuali, genitori single, famiglie allargate. Il welfare deve tenere conto di tutte le persone e i diritti devono essere tarati per le esigenze di tutte le persone. La famiglia eterosessuale sposata, che secondo l'ISTAT non è nemmeno il primo tipo di unione per numero, non può più essere nucleo fondante della società attuale. Per quanto tempo dobbiamo continuare a farci prendere in giro?
 
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In Danimarca si cambia sesso con una semplice dichiarazione

Oggi il Parlamento danese ha approvato una legge che rimuove vari ostacoli al riconoscimento legale del genere divenendo il primo Paese europeo dove la diagnosi di «Disturbo dell’identità di genere» o altro esame psicologico non è necessario per poter scegliere il proprio genere.
Non sarà più necessario nessun intervento medico né tantomeno la sterilizzazione chirurgica per vedersi riconosciuto legalmente il proprio genere di appartenenza.
Le nuove regole entreranno in vigore il primo settembre 2014. Da quel momento la persona interessata sarà l’unica a dover decidere: si dovrà fare una prima domanda che dovrà essere confermata dopo 6 mesi. 
 
Yuri Guaiana, segretario dell’Associazione Radicale Certi Diritti, dichiara: «mentre si attende di conoscere l’esito dell’udienza pubblica alla Corte Costituzionale sull’obbligo di divorzio in caso di mutamento di sesso di uno dei coniugi, la Danimarca rimuove tutti gli ostacoli al riconoscimento legale del genere. Quasi 8.000 persone hanno firmato una petizione per chiedere la calendarizzazione di una proposta di legge che rimuova i dubbi interpretativi che gravano sulla legge 164/82 e ristabilisca i diritti umani e la dignità delle persone transessuali



Il DDL405 mantiene la necessità di un certificato di disforia di genere, ma secondo DSM V, che è sostanzialmente un'autodiagnosi comunicata ad un medico della sanità pubblica o privata, per evitare che venga messa in discussione la gratuità delle terapie, in caso la persona decida di beneficiarne. Il DDL405 impone anche il divieto di intervenire chirurgicamente sui bambini intersessuali nati con genitali atipici ed è forse, anche per questo motivo, più avanzata della legge appena approvata in Danimarca. Firma anche tu per chiedere che il DDL405 venga subito discusso ed approvato!

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Lo stato non può imporre divorzi. Alessandra e Alessandra sono sposate

 Da oggi, con una sentenza storica della Corte Costituzionale, il cambio del sesso di uno dei due coniugi non produrrà più lo scioglimento automatico del matrimonio. Quella che forse era la norma più osteggiata del #DDL405, quella che impone il matrimonio segua le normali procedure di separazione in caso i coniugi desiderino separarsi a seguito della transizione di uno dei due, è ora solo l'ennesima conferma che questo disegno di legge va nella direzione giusta.




ROMA - La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma che annulla le nozze se uno dei due coniugi cambia sesso nella parte in cui non consente «ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata». Alla base il caso di una coppia di Bologna che si era vista annullare il matrimonio dopo che lui ha deciso di diventare donna e cambiare il suo nome in Alessandra.

INCOSTITUZIONALE - In sostanza — afferma la Consulta nella sentenza depositata — la legge n. 164 nel 1982, contenente norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, è incostituzionale perché, sciolto il matrimonio in conseguenza del cambiamento di sesso, non prevede la possibilità che intervenga un’altra forma di convivenza giuridicamente riconosciuta «che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore». Il pronunciamento, quindi, va letto come un forte invito al legislatore a provvedere nella direzione delle unioni civili o dei pacs per regolare forme di convivenza al di fuori del matrimonio.

DIVORZIO D’UFFICIO - Ieri alla Consulta si era celebrata l’ultima udienza di una storia iniziata nel 2009, dopo il riconoscimento del cambio di genere di Alessandra Bernaroli. Un divorzio d’ufficio che i coniugi hanno cercato di cancellare in tribunale, fino alla decisione della Cassazione di rimettere gli atti alla Corte costituzionale. Nel corso dell’udienza, l’avvocato Francesco Bilotta, che insieme alla collega Anna Maria Tonioni rappresenta la coppia, ha chiesto ai giudici di considerarsi «un organo della società civile prima che un organo dello Stato». La decisione della Corte potrebbe aprire un precedente storico: secondo le associazioni per i diritti lgbt, sarebbe uno sdoganamento delle coppie gay, anche se Alessandra rimarca che il loro «non è un caso di omosessualità, ma di transessualismo»


Un sentito ringraziamento alla tenacia di Alessandra e alla competenza dell'avvocato Bilotta.

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martedì 10 giugno 2014

Il Roma Pride è con noi



Diritti è una nuova legge per le persone trans* e intersessuali, che ne riconosca il diritto all'autodeterminazione, all'identità e all'integrità fisica. La violenza che subiscono le persone trans* in Italia, nel nostro paese, è inconcepibile. Il nostro è il primo paese per violenza e un paese dove è quasi impossibile per le persone trans* trovare lavoro e alloggio. [..] Oggi in questa piazza siamo tutti e tutte trans* e voglio ricordare con forza che se oggi siamo qui al pride lo dobbiamo soprattutto a quei tacchi a spillo che furono lanciati a New York nel 1969. Grazie.




Queste politiche intervengono a vari livelli, su bambini e bambine intersessuali, che subiscono interventi invasivi con farmaci e bisturi a scopo puramente estetico. Interventi basati solo sulla necessità di adattare i loro corpi all'immagine che ci aspettiamo debbano avere un corpo maschile e uno femminile. Anche alle persone trans* per poter richiedere il cambio del nome, vengono imposte operazioni a cui non vogliono o non possono sottoporsi.


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La condizione Trans in Italia Oggi.



Di seguito quanto avrei detto alla tavola rotonda del 5 giugno al Pride Park se la modalità l'avesse consentito*:

Il motto del Roma pride di quest'anno è “ci vediamo fuori” e io vorrei aprire il mio  breve intervento citando alcuni tratti dal primo editoriale del FUORI!, rivista dell'omonimo collettivo, acronimo di Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, che vide la luce nel 1971.

Siamo usciti fuori, ma ad una condizione, fondamentale, autenticamente rivoluzionaria: siamo usciti con la pretesa di essere noi stessi, con la volontà di ritrovare la nostra vitale identità in strutture in cui l'altro ha assorbito, modificato, reificato qualsiasi possibilità espressiva del sé. E di colpo, senza soluzioni intermedie, senza tappe in momenti o verifiche riformiste, abbiamo scoperto in noi il diritto alla vita, che è prima di tutto il diritto al nostro corpo”.
[..] Abbiamo proclamato il diritto a parlare di noi e noi soltanto di omosessualità. E abbiamo finalmente capito che la nostra “anormalità” è un privilegio nel momento stesso in cui, scopertene le radici nell'oppressione generalizzata, ci ha permesso l'acquisizione immediata di una coscienza che va ben al di la del problema omosessuale.
[..] L'omosessuale, no, non ha ruoli gratificanti: è omosessuale e basta. Il professore è compentente, sempre. Il professore omosessuale travia i ragazzi. L'etichetta degli altri assorbe tutto, qualunque ruolo dell'omosessuale è assorbito dalla sua omosessualità.
[..] La mediazione culturale per l'omosessuale risulta così paurosamente e totalmente nulla poiché si traduce nella ricerca di approvazione da parte di quello stesso establishment che ha creato e che mantiene le condizioni oppressive e non può essere altrimenti: chi ha urgenze vitali proprie ma ne richiede la soluzione ad altri, ai competenti, confessa la sua paura ed accetta implicitamente la sua condizione di inferiorità.

Oggi la persona transessuale è prima di tutto “utente”, che si rivolge a strutture convenzionate e psicologi e psichiatri per avviare il percorso di transizione. Poi diventa “assistitito” di un qualche avvocato che dovrà accompagnarla a più udienze per le istanze di autorizzazione all'intevento chirurgico o di rettifica dei dati anagrafici. Poi è "paziente” di medici chirurghi ed endocrinologi non sempre sufficientemente competenti.
In tanti parlano al posto della persona soggetto della transizione: psicologi, giuristi, avvocati, endocrinologi, chirurghi, giornalisti, ma nei fatti le persone transessuali che parlano di sé, come ai tempi dell'editoriale del FUORI! sono pochissime e sono pochissime perché oggi, in Italia, dirsi transessuale significa perdere il lavoro, non riuscire a trovare una casa in affitto, rischiare di perdere gli affetti, venire additati, essere sottoposti a mobbing, dover essere i migliori per essere trattat* come i mediocri. Oggi, in Italia a denunciare lo stato di transessualità delle persone è lo stato stesso, che nega la possibilità di cambiare i documenti quando la persona lo desidera e che costringe ad anni di inevitabile stigma, che ormai fa parte di quella moderna via crucis, fatta di stazioni predeterminate scandite da perizie, sentenze e liste d'attesa, che porteranno alla rinascita della persona nei panni dell'altro sesso.

La condizione delle persone transessuali in Italia oggi è di persone oppresse ed io ho ho deciso di sostenere il disegno di legge 405 con una petizione e con una pagina web, disegnodilegge405.blogspot.it, spazio aperto ai contributi di tutt*, perché questo DDL si prefigge lo scopo di eliminare le due più grandi oppressioni che colpiscono le persone transessuali ed intersessuali: l'impossibilità di autodeterminarsi nel nome e nel sesso scegliendone uno coerente al proprio aspetto ed il mancato divieto di intervenire chirurgicamente sul sesso dei bambini neonati nati con genitali atipici.

Il documento politico del pride cita donne, migranti, diversamente abili, lavoratori precari e sfruttati, Rom, credenti di minoranze religiose, giovani e studenti quali soggetti che più facilmente rischiano di essere discriminat*, specialmente nel mondo del lavoro e soprattutto in questo periodo, perché nei periodi di crisi i “lavoratori desiderabili” abbondano. Le persone transessuali, per prime, sono vittime di pluridiscriminazioni, specie se appartengono anche ad una delle sopracitate categorie, faticano a trovare lavoro, sono costrette ad accettare lavori poco desiderabili o a condizioni inaccettabili, faticano a trovare una casa o a terminare gli studi, stentano ad inserirsi nel contesto sociale e politico, non avendo alcuna legge che le tuteli. 

Sempre sul FUORI! possiamo leggere: Nei fatti la libertà che ci garantisce la legge è la libertà di essere degli esclusi, degli oppressi, dei repressi, dei derisi, degli oggetti di violenza morale e spesso fisica”citazione tremendamente attuale per tutte le persone gender non conforming.

La possibilità di cambiare identità quando lo si ritiene opportuno significherebbe non dover dare spiegazioni ogni volta che ci si trova a mostrare un documento, significa poter trovare un lavoro con la stessa difficoltà degli altri, significa poter emettere fatture senza doversi giustificare, significa poter considerare l'idea di tenersi quel corpo che la legge vuole veder adeguato a canoni sessisti così com'è, significa iniziare a parlare della transizione come percorso di liberazione da maschio o femmina a sé stess* e non come passaggio da un sesso all'altro, senza che ci sia obbligo di sottoporsi a terapie ormonali o chirurgiche.

Finché sarà lo stato a denunciarci come transessuali ogni volta che mostriamo un documento, permettendo alle persone transfobiche di indentificarci ed escluderci, finché non ci sarà alcuna legge a tutela delle persone trans* che "non passano" e finché le persone intersessuali saranno operate coattivamente ai genitali saremo tutt* più concentrat* a condurre un viaggio verso l'inivisibilizzazione che verso la liberazione.



Dedicato a:

Vittoria, che anche se prossima alla laurea, sta lottando per introdurre il doppio libretto nell'ateneo Catanese;

Giulia, che nonostante vivesse già al femminile da tempo ha dovuto aspettare due anni per avere il nullaosta della psicologa alla terapia ormonale;

Laura, Leda, Alessandra vittime di mobbing sul lavoro;

Lele, Eleonora, Elena in causa con chirurghi per negligenze durante gli interventi;

Elisa, Andreas, Arianna che nonostante gli sforzi non riescono a trovare lavoro;

Barbara, che non trovando lavoro vive autoproducendo i libri che scrive;

Valentina e Matteo, che aspettano il posto fisso per iniziare la transizione;

Gabrielle, che ha preferito trasferirsi in Inghilterra;

Enrico, che si è visto allungare i tempi in tribunale perché il CTU si è rifiutato di lavorare in gratuito patrocinio;

Aurora e Samantha, che dopo anni di bullismo devono ritrovare fiducia in questa società per poter ricominciare a vivere.

A tutti quell* che sono usciti fuori o lo faranno presto. 

Allo spirito partigiano, che 70 anni fa liberò Roma, senza aver aspettato "favorevoli condizioni politiche" per schierarsi dalla parte degli oppressi.



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* la tavola rotonda è stata scandita da domande molto dirette, quindi tutt* hanno risposto alle domande, magari divagando un po', senza fare un vero e proprio discorso. I concetti qui esposti sono comunque più o meno tutti stati toccati dal mio intervento o da quell* di altr* presenti, ma tenevo comunque, qui sul blog, ad esporre il ragionamento per come l'avevo pensato.

lunedì 9 giugno 2014

In bocca al lupo Alessandra

Oggi la pronuncia della corte costituzionale riguardo lo sciogliemento automatico del matrimonio di Alessandra, donna transessuale che si è vista sciogliere automaticamente il matrimonio dopo il cambio anagrafico del sesso, come stabilito dalla legge 164/82:

La legge 164/82, per la cassazione, potrebbe essere incostituzionale perché in contrasto con gli articoli 2, 3, 10, 24, 29 e 117In caso la corte costituzionale desse ragione ad Alessandra significherebbe che Lo scioglimento del matrimonio sarebbe richiedibile dai soli coniugi e non più procedura automatica, come prescriverebbe anche l'articolo 8 del DDL405:


(Effetti della modifica del sesso sul matrimonio)

1. Il matrimonio contratto dalla persona prima del cambio del sesso non si scioglie automaticamente.

2. E’ facoltà dei coniugi richiedere lo scioglimento del matrimonio, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, numero 2, lettera g) della legge 1 dicembre 1970, n. 898 e successive modificazioni.
 

Si aggiungerebbe così l'ennesima sentenza che sottolinea quanto la legge 164/82 sia ormai anacronistica e lesiva della dignità e dei diritti delle persone trans*.


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domenica 8 giugno 2014

Gabrielle: ho firmato perché..

Sono nata a Milano ventisei anni fa. Un bambino, maschio. O così almeno sosteneva il dottore che mi visitò appena nata. Ma la mia non è una storia di disforia. Come mia madre mi racconta spesso, appena nata continuavo fissare ostinata quel pediatra che mi girava e rigirava per svolgere gli accertamenti di rito, tanto che, finita la visita, il dottore si lasciò sfuggire: “Devo farvi i miei auguri, signori, questo bambino darà filo da torcere”. E così è stato: la mia non è una storia di disforia, ma di libertà e di lotta, di dignità e amore, seppur attraverso il dolore. Sono stata amatissima dai miei genitori, sempre divisi, loro malgrado, tra il desiderio di lasciarmi libera di esprimermi e il peso del giudizio degli altri, che trovavano scandaloso avere un figlio che “faceva la femmina” e lasciarglielo pure fare. Con loro ho vissuto serena, sapendo che ero meritevole di affetto come chiunque altro, pur essendo diversa, e questo mi ha resa la persona decisa che sono oggi. Il loro amore mi ha salvata dall’odio di me, dal vedermi sbagliata, portatrice di una “malattia”, dal desiderio di autodistruzione – che tuttavia, quasi inevitabilmente, per me come per tant* di noi, sono arrivati.

La vera malattia l’ho conosciuta nella compulsione dei miei coetanei a umiliarmi, demonizzare la mia differenza con scherzi crudeli, botte, violenze psicologiche, e nella complicità indulgente di adulti ed educatori. Il confronto con il mondo esterno era un dramma costante, che mi aveva gradualmente emarginata, irreparabilmente convinta che, per “quelli come me”, non ci fosse posto a questo mondo. Il dolore mi aveva divisa da me stessa, incapace di trovare le parole per raccontare chi ero, come mi sentivo, percepivo una rottura dentro di me. Come era possibile che la mia famiglia mi avesse amata tanto, se non ero che un fallimento, meritevole solo di scherno e umiliazione?

Mi ci sono voluti venticinque anni per guardare indietro e scoprire con meraviglia che, in realtà, non vedo nessuna rottura, ma una irriducibile continuità nella mia esistenza, che mi è stata restituita dalla mia scelta di affermare la mia identità. Quando a cinque anni pensavo al mio futuro da adulta, vedevo su per giù quella che sono ora (magari un po’ più sorridente), non certo quello che gli altri pensavano che avrei dovuto essere. Grazie all’educazione libera e amorevole che ho avuto in famiglia, non ho mai pensato che essere nata con certi genitali riassumesse e preordinasse in qualunque modo quella lunga serie di aspettative e norme che invece la società, presto o tardi, impone su tutti noi. Aspettative su chi dovremmo essere, cosa dovremmo fare nella vita, quali i ruoli a noi concessi, il linguaggio e le forme di espressione giuste per noi. Del resto, che cosa hanno mai saputo gli altri di chi ero io, cosa sentivo e desideravo per me? Alla fine, pur tra le violenze, la sofferenza della negazione e la gioia della scoperta di me, ce l’ho fatta, ho vinto le forze che volevano distruggere la mia verità del mio essere, espropriarmi di me stessa per obbedire a dettami che non ho mai sentito miei.

E, quando si arriva qui, ci si rende conto di quanto sia spontaneo, in realtà, essere noi stessi, di quanto lotta e sofferenza risiedano tutte nel combattere contro un modo che non comprende e non accetta. Per questo mi chiedo, e chiedo a tutti, perché, dopo queste lotte e conquiste, uno Stato dovrebbe negarmi la possibilità di vivere la continuità della mia vita, senza dover forzatamente dare spiegazioni ogni qual volta mostro il mio documento di identità? Perché dovrei essere obbligata a giustificare, scusare quasi, la mia esistenza agli occhi degli altri, quando per me non c’è niente di più sincero e giusto di ciò che vivo quotidianamente? Perché la mia identità deve essere violata ogni volta che qualcuno legge, scrive, chiama a voce alta un nome che non è mio, mentre io mi vedo costretta ad assicurare che non c’è errore, non c’è inganno, e tentare, spesso invano, di ristabilire in chi ho di fronte una fiducia ormai sbriciolata dal pregiudizio? E, dall’altra parte, perché, per porre fine a tutto questo, dovrei essere costretta a subire interventi chirurgici di cui non sento l’esigenza, volti unicamente a cancellare la mia individualità e omologarla a un modello imperante binario, sessita e genderista? Sono stanca di vedere la mia esperienza, insieme a quella di tante altre persone come me, messa a tacere e stigmatizzata, oppure strumentalizzata per scopi che non hanno niente a che vedere con il riconoscimento e la dignità delle persone trans*.

Ricordando le parole di un’amica molto cara, una delle persone più brillanti che abbia avuto l’immenso dono di conoscere, mi sento di poter dire che sogno una società in cui ognuno di noi sia libero di scegliere chi vuole essere, come vuole esserlo, e le persone che vuole amare, senza dover rendere nessuna giustificazione per le proprie scelte. Questo per me è vivere dignitosamente. E per questo ho firmato la petizione, e ho chiesto ai miei cari e ai miei colleghi di farlo insieme a me.


Firma la petizione  http://goo.gl/BFjLxD


mercoledì 4 giugno 2014

DDL405 al Roma Pride


Oggi, Giovedi 5 Giugno, ore 18:30 Dibattito – La condizione Trans in Italia Oggi

Intervengono: Michela Angelini, attivista transgender collettivo intersexioni – Egon Botteghi, responsabile settore genitorialità trans Rete Genitori Rainbow – Cathy La Torre, vicepresidente MIT – Leila Daianis, Presidente Associazione Libellula – Kim Gutierrez, Lili – Servizio Trans Circolo Mario Mieli – Gloria Gramaglia, Presidente Associazione Libellula Sicilia – Antonia Monopoli, responsabile Sportello Trans Ala Milano Onlus – Gigliola Toniollo, CGIL Ufficio Nuovi Diritti Nazionale – Vittoria Schisano, attrice.


Durante il mio intervento parlerò dell'importanza del DDL405!

Venite in tanti!

Michela


Firma la petizione  http://goo.gl/BFjLxD

Conoscete variabili umane?




Che cos'è che distingue una femmina da un maschio? Tra l'essere uomo e l'essere donna c'è un ponte. E' insito in noi, ma ci hanno insegnato ad avere paura di varcarlo. 
Eppure... noi siamo per natura l'unione di maschile e femminile. Siamo esseri intersessuali.
VARIABILI UMANE (Scene d'ironico strazio, d'odio e d'amore di), primo prodotto di Atopos, è frutto di un incontro teatrale che coinvolge donne, uomini e persone transgender, cioé coloro che hanno affrontato o stanno affrontando una transizione verso il maschile, il femminile o un genere non definito. In scena parlano, danzano, cantano la propria diversità, il proprio sguardo sulla società, sugli altri, su di sé.
Solo storie vere. Straordinario e quotidiano si distorcono e si ribaltano, la normalità perde ogni significato, il dubbio si insinua: Chi sono io veramente? E ciò che sto guardando: sei tu o sono io?

progetto e regia di Marcela Serli
drammaturgia di Marcela Serli e Davide Tolu


Ho scovato su youtube una registrazione di Variabili Umane, che essendo un laboratorio cambia nel tempo, e ve la propongo sperando possiate presto vederlo dal vivo nella versione attuale. Variabili Umane parla di diversità e di uguaglianza, Variabili umane fa parlare le persone trans* di sé, senza intermediazione di giudici, medici, psicologi o esperti di genere. Variabili umane educa al rispetto degli altri, perché l'altro siamo noi.




Firma la petizione  http://goo.gl/BFjLxD

lunedì 2 giugno 2014

Regio decreto 773/1931


Nel 1971 non era raro vedere una citazione per travestitismo. La norma fascista, del 1931, è ancora oggi in vigore, anche se per fortuna raramente applicata.
 

Il DDL405 prevede la seguente modifica:
 
All’articolo 85 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Non è punibile chi modifica, altera o camuffa il proprio aspetto esteriore durante il percorso medico, psicologico e legale al fine dell’attribuzione di un sesso diverso da quello indicato nell’atto di nascita».

Le persone transessuali non saranno più perseguibili da questa legge, ma che ne è di tutte le persone gender non conforming, travestiti e crossdresser?

Speriamo di poter affrontare questo punto presto, durante la discussione in commissione. Aspettando quel momento continuiamo a firmare:  http://goo.gl/BFjLxD

narrazioni

Questo blog, oltre che sostenere il DDL405 (info) vuole anche essere uno spazio per raccontarvi, perché dietro ogni transizione c'è una persona che spesso è zittita da "esperti" psicologi, medici, giuristi che parlano al suo posto. Pubblicizzo volentieri la richiesta della dott.ssa Papuli, che cerca persone trans* che vogliano narrarsi, senza intermediari, senza patologizzazioni, inquadramenti di legge e mediazioni. Vi invito quindi a rispondere alla seguente richiesta:






Vi ricordo che potete narrarvi anche sulle pagine di questo blog, mandando il vostro contributo audio o video a disegnodilegge405@gmail.com

Firma la petizione  http://goo.gl/BFjLxD

domenica 1 giugno 2014

«Io sono una ragazza come tante altre»

Vittoria Vitale ha 23 anni ed è nata maschio. Da quando ha avuto la possibilità di poter parlare ad alta voce porta avanti una battaglia personale, che non è solo sua ma di tutti coloro che cercano di affermare la propria identità, senza badare al sesso con il quale sono nati.
Vengono definiti con la sigla LGBT, cioè lesbiche, gay, bisessuali e transgender che combattono per formare una coscienza comune e rompere i pregiudizi che, anche sotto il velo della tolleranza moderna, continuano a dilagare anche oggi. Abbiamo incontrato Vittoria nel suo ambiente quotidiano, l’università, e ha subito iniziato a parlarci dei progetti che porta avanti ma, dal momento che usava termini che sentiamo spesso ma di cui non conoscevamo il significato preciso, abbiamo pensato di creare un piccolo vocabolario per chiarirci un po’ le idee.

  • Identità di genere: la percezione che ogni individuo ha di se stesso, il genere al quale si sente di appartenere; questo non è determinato necessariamente da fattori biologici e non riguarda l’orientamento sessuale.
  • Orientamento sessuale: indica l’attrazione emotiva e/o sessuale che un individuo prova per un altro, non è correlata al sesso biologico.
  • Sesso biologico: appartenenza biologica al sesso maschile o a quello femminile, determinata alla nascita.
  • Ruolo di genere: l’insieme dei comportamenti e degli atteggiamenti che la società si aspetta da uomini e donne in una determinata cultura e in un preciso periodo storico.
  • Transgender: termine coniato negli anni ’80 negli Stati Uniti da movimenti di protesta contro il genderismo, cioè contro coloro che sentivano il bisogno di categorizzare tutti gli individui in base all’appartenenza ad uno dei due generi classici.
Vittoria, a Catania, non è sola. Lei fa parte infatti dell’associazione universitaria Queer as Unict, che accoglie persone LGBT con due scopi principali: fornire sostegno ai membri rispettandone la privacy e sensibilizzare l’opinione comune catanese con iniziative informative su tematiche LGBT.
«Speriamo di poter inaugurare presto una collaborazione con le scuole per un progetto di educazione alla sessualità» - ci spiega Vittoria - «dal momento che è durante l’adolescenza che è più difficile tirar fuori la parte più vera di sè». Per quanto riguarda l’ambiente che ha trovato una volta approdata all’università, Vittoria è positiva: «Mi sono sentita subito meno additata, è stato facile trovare ragazzi con i quali confrontarsi e condividere le difficoltà di tutti i giorni».
La vita di tutti i giorni è il tasto dolente per Vittoria, che ha difficoltà in operazioni banali per il resto della gente, come mostrare il documento di riconoscimento ad un esame o quando paga con la carta di credito, momenti che diventano imbarazzanti per lei e per il suo interlocutore. «In Italia c’è troppa ignoranza sulle persone transessuali, io voglio distruggere il luogo comune secondo il quale trans è uguale a prostituta. Gli stereotipi fanno parte del nostro modo di pensare ma non devono diventare gabbie che ci impediscono di vedere la realtà», continua: «io sono una ragazza come tante altre e come tale voglio essere considerata e riconosciuta».
Il riconoscimento, secondo Vittoria, deve venire prima di tutto dallo Stato; è per questo che ha aderito alla petizione lanciata su Change.org da Michela Angelini per la modifica dell’attribuzione di sesso prodigandosi per tutto l’Ateneo catanese anche attraverso il volantinaggio.
Tentativi di modifica ci sono già stati in passato, ma senza i risultati sperati, e il mondo della politica è sordo alle richieste che vengono da tutta la penisola. La normativa vigente è decisamente vecchia, la legge 164 del 1982 sulla rettificazione di attribuzione di sesso prevede questa possibilità solo per i soggetti che abbiano cambiato sesso tramite procedura medico-chirurgica; «La procedura inoltre non è immediata, possono trascorrere anche cinque o sei anni per terminare le prassi burocratiche» - afferma Vittoria - «Chi pratica la riassegnazione chirurgica del sesso vede riconosciuto il suo nuovo status completamente, può sposarsi e adottare dei figli mentre chi decide, per motivi personali, di non sottoporsi all’operazione pur seguendo le cure ormonali del caso è costretto a vivere in questa sorta di limbo legale» e continua «dove la scelta di affrontare procedure chirurgiche rischiose diventa quasi obbligata se si vuole essere riconosciuti per quello che si è».
Vittoria è una studentessa universitaria e, per concludere, ci lascia infatti con una piccola chicca letteraria: «Sapevate che Hans Christian Andersen era gay? Secondo voi di cosa parlano storie come Il brutto anatroccolo o La sirenetta se non di persone che si sentono estranee al loro corpo?», individui (e cigni) che stanno stretti nelle loro “piume”, che sognano corpi diversi da quello con cui sono nati e che per farsi riconoscere nella loro unicità non smettono mai di lottare.

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