Da "gli stati generali", L'articolo "Registrazione del cambio di sesso, in Italia è obbligatoria la sterilizzazione" di Angela Gennaro
Valeria è una donna. Donna si sente, come donna vive, ma sulla carta di identità resta il suo nome da uomo, Gino.Valeria non è più Gino,
forse non lo è mai stata, ma quando degli agenti la fermano per un
controllo, e lei fornisce le sue generalità femminili – perché questa,
per Valeria, è la realtà – finisce in tribunale. L’accusa: false
intestazioni sull’identità a pubblici ufficiali. Il risultato: una condanna di un anno di reclusione senza sospensione della pena. Succedeva sei anni fa a Taurisano, in Salento, ma accade al Nord come al Sud ancora oggi.
In Italia le persone transessuali vengono autorizzate al cambio dei
dati anagrafici solo se hanno terminato un percorso che ha come
risultato finale la loro
sterilizzazione. Una sterilità non
imposta per legge, come pure accade, ma di fatto: finché non è provata
la sterilizzazione della persona, chirurgica o, in rari casi, medica, il
cambio dati non viene autorizzato. Questo vuol dire passare 5, 6 anni o
anche tutta la vita – nel caso in cui una persona non voglia operarsi –
con
dei documenti che non corrispondono più al proprio aspetto.
La legge vigente, la 164/82, ha 32 anni. Un testo “abbastanza vago, la
cui interpretazione nei fatti è questa, fatta all’epoca come sanatoria
per chi si era operato all’estero”, spiega Michela Angelini, promotrice
di una petizione con oltre 8.300 firme su
change.org per chiedere l’approvazione del ddl 405, “in materia di modificazione dell’attribuzione di sesso” assumendo “
il sesso sociale al di sopra di quello genitale”. “In
tutte le sentenze c’è scritto che la persona è probabilmente sterile
per via del trattamento ormonale”, continua Michela. “Nella maggior
parte degli Stati, invece, è consentito cambiare almeno il proprio nome
quando muta l’aspetto”.
Il rapporto Lunacek su diritti LGBT in Europa,
approvato a febbraio scorso, invita gli Stati membri a non procedere con
azioni di sterilizzazione forzata. Transgender Europe, no profit che
mette insieme una serie di organizzazioni per “la piena uguaglianza e
l’inclusione di tutte le persone trans”, pubblica ogni anno la mappa di
questa Europa spaccata a metà tra Paesi in cui è necessaria la rettificazione chirurgica dei genitali
per portare a termine le pratiche amministrative per il cambio sesso
sui documenti e Stati in cui le cose stanno in modo diverso. In Spagna,
Portogallo, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Austria,
Croazia, Bielorussia, Estonia e Svezia spesso basta
un’autocertificazione. All’elenco si è aggiunta da poco la Danimarca,
che permette il cambio di genere senza diagnosi clinica. La
sterilizzazione “obbligatoria” vige in Italia Turchia, Francia, Belgio,
Grecia ma anche Finlandia e Norvegia.
Michela Angelini è una donna nata maschio. “Vivo come donna
da ormai tre anni e ho una relazione stabile con un ragazzo che ha fatto
il percorso inverso al mio, da donna a uomo”, si legge nella sua
petizione on line. “Abbiamo una vita tranquilla e felice finché non
abbiamo necessità di utilizzare i nostri dati anagrafici”. Inevitabili,
racconta, i problemi e le “continue violazioni della privacy”. “Io, come
tante altre persone transessuali, non ho intenzione di subire
mutilazioni genitali, perché sono in perfetta sintonia con il mio corpo
attuale”. Quindi che fare, mentre ad ogni pagamento con carta di
credito, ad ogni fattura emessa, ad ogni lavoro trovato e perso ci si
trova a dover spiegare perché sui documenti c’è un nome maschile?
La politica dovrebbe dare una risposta, se non altro perché ormai obbligata da una sentenza della Corte Costituzionale,
la 170. Succedeva ad agosto, nello stesso periodo in cui i giornali
raccontavano la storia di Nicole, trans di Carrara morta a 37 anni,
donna ormai da 17, vestita da uomo per il suo funerale per volere della
famiglia. In quei giorni arrivava la pronuncia della Consulta sul caso
del divorzio imposto a una coppia modenese, in cui il marito aveva
cambiato sesso diventando una donna. I due avevano chiesto di mantenere
in vita il loro legame e invece il matrimonio è stato annullato
d’ufficio.
“La sentenza della Corte dice che la legge 164 è costituzionalmente
illegittima laddove impone il divorzio tra i coniugi in caso di cambio
di sesso di uno dei due senza prevedere che ci possa essere un’altra
forma per continuare il rapporto anche sul piano delle tutele
giuridiche”, spiega Sergio Lo Giudice, senatore in quota Pd e
papà del disegno di legge 405 sul cambio sesso. Un disegno di legge per
cui ha chiesto la calendarizzazione da quasi un anno, a marzo scorso.
“Il punto è che si è fermato tutto”, tuona Alberto Airola, senatore
pentastellato autore a sua volta di un altro disegno di legge sul tema,
molto simile a quello del collega della maggioranza. “Confluiremo su un
unico testo, troveremo un relatore, non molleremo”, continua. “La
situazione però è di stallo: i diritti lgbt e civili sono temi troppo
divisivi per la maggioranza”.
Il punto è che il vuoto di legge evidenziato dalla sentenza della Consulta rivela il nervo scoperto delle unioni civili.
“La risposta alla Corte non può che essere legiferare su un nuovo
istituto giuridico che riconosca anche i diritti di quella coppia il cui
matrimonio viene annullato in seguito al cambio di sesso di uno dei
coniugi”, dice ancora Lo Giudice. “Contemporaneamente c’è da rivedere la
164. Dopo la sentenza della Consulta esiste un’urgenza oggettiva”.
Con questo governo? “È evidente che c’è oggi un attacco
formidabile da parte del centrodestra nei confronti di qualunque azione
di contrasto alle discriminazioni omotransfobiche o di riconoscimento
dei diritti delle persine LGBTI, che loro definiscono con l’astrusa
formula di ‘ideologia del gender’”, chiosa Lo Giudice. “Ma volere è
potere: nel 1982 un governo democristiano e un parlamento a maggioranza
di centrodestra ha approvato la 164 che allora era una delle leggi più
avanzate del mondo in tema di cambio di sesso di persone transessuali.
Stiamo portando in aula la proposta di legge sul divorzio breve che è
stata approvata in Commissione Giustizia con un voto trasversale M5S e
Pd contro il parere del centrodestra. Il mio partito in questo periodo
fa fatica a votare compatto su tante cose. Ma alla fine, se si vuole,
troveremo la via. Il punto è cominciare”.
“Il mio disegno di legge, insieme a quello di Lo Giudice, sono
cruciali nella questione culturale e politica per uscire dal medioevo”,
chiosa Alberto Airola. “La situazione culturale è peggiorata e fa fede
l’attacco della Cei e di una parte della politica di estrema destra fa a
diritti lgbt, strumentalmente: non si capisce come dare diritti ad una
famiglia gay li tolga ad una famiglia etero”. Da regolamento del Senato
l’opposizione, ogni due mesi, può presentare e far discutere un ddl.
“Fino ad oggi ce lo hanno sempre negato”, sostiene Airola. “Ma
finalmente per mercoledì hanno calendarizzato il reddito di
cittadinanza. Userò questo strumento per chiedere anche io di
calendalizzare il ddl sul cambio sesso. Ma dovrebbe essere la
maggioranza a farlo: è a causa sua che si affossa il percorso
legislativo di questa legge”.